Discriminazione
La discriminazione consiste in un trattamento non paritario attuato nei confronti di un individuo o un gruppo di individui in virtù della loro appartenenza ad una particolare categoria.
Il principio di non discriminazione trova fondamento giuridico in fonti costituzionali di livello internazionale, europeo e nazionale A livello internazionale la Dichiarazione universale dei diritti umani del 1948 sancisce il rispetto nei confronti di ogni individuo indipendentemente dalla sua appartenenza ad un particolare gruppo in questi termini:”ogni individuo ha diritto a tutti i diritti e le libertà stabiliti nella presente Dichiarazione, senza alcuna distinzione di qualsiasitipo, come la razza, colore ella pelle umana, il sesso, la lingua, la religione, l'opinione politica o di qualsiasi altra natura, l'origine nazionale o sociale, la proproetà privata la nascita o altro stato di appartenenza”.
Nell’ordinamento italiano la fonte primaria del diritto antidiscriminatorio è l’articolo 3 della Costituzione, che afferma che “tutti i cittadini hanno pari dignità sociale e sono eguali avanti alla legge, senza distinzione di sesso, di razza, di lingua, di religione, di opinioni politiche, di condizioni personali e sociali”.
Per il resto, la definizione di un vero e proprio principio di non discriminazione è contenuta in numerose fonti normative interne http://www.unar.it/documenti/normative/italiana/
L’Ufficio per la promozione della parità di trattamento e la rimozione delle discriminazioni fondate sulla razza o sull’origine etnica, brevemente denominato UNAR – Ufficio Nazionale Antidiscriminazioni Razziali, è l’ufficio deputato dallo Stato italiano a garantire il diritto alla parità di trattamento di tutte le persone, indipendentemente dalla origine etnica o razziale, dalla loro età, dal loro credo religioso, dal loro orientamento sessuale, dalla loro identità di genere o dal fatto di essere persone con disabilità. http://www.unar.it/chi-siamo-2/
Donne Islamiche
In Europa, recentemente, si sono diffusi discorsi pubblici sul genere e l’Islam: le discussioni civiche, a volte, hanno assunto intenti polemici. Si rappresenta genericamente l’Islam come una religione che avalla e perpetra discriminazioni di genere. Sul versante delle seconde generazioni, inoltre, cresce la consapevolezza dell’arbitrarietà di alcuni retaggi culturali che derivano dai paesi di provenienza dei genitori. Le giovani e i giovani di seconda generazione sono più predisposti a mettere in discussione i modelli di genere, reclamando pari opportunità e un equo trattamento (ad esempio, nelle possibilità di accesso all’istruzione, o nella realizzazione personale). Si registra, quindi, un crescente ingresso delle donne islamiche nella vita pubblica. Questo rende ancor più evidente come la manifestazione pubblica e privata della propria individualità non sia da imputarsi esclusivamente alla religione: questa è lontana dall’essere un monolite, ma, al contrario, presenta molteplici sfaccettature che possono essere adattate alla vita e alle pratiche quotidiane. Ciò non toglie che nelle famiglie vi siano, ad oggi, alcune resistenze che impediscono la piena realizzazione delle donne nella vita pubblica o professionale. Bassa scolarizzazione, lacune linguistiche e riproposizione di modelli tradizionali di socializzazione erano – e in parte sono - alcuni dei rischi che possono incontrare le donne migranti. Le giovani donne di seconda generazione, tuttavia, hanno una maggiore capacità di integrarsi con la società autoctona, mantenendo e coltivando, al contempo, la propria specifica identità. La forza della ricerca di maggiori possibilità di autoaffermazione è affiancata da una costante rivendicazione di essere una donna islamica. La religione islamica, infatti, contro tutte le rappresentazioni fuorvianti che sono state promulgate negli ultimi anni da un certo tipo di rappresentazioni (anche mediali e politiche), ha un’alta considerazione della donna. Le figure femminili presentate nel Corano sono forti e indipendenti, in grado di ispirare anche le donne dei nostri giorni.
e-reputation
La e-reputation, o reputazione sul web, è l’opinione comune su un’entità reale o immaginaria che si crea sul web. Corrisponde all’identità che l’utente propone agli altri individui sulla rete. Quindi come nella società, anche online si dispone di un’identità che in questo caso definiamo digitale.
Come controllare la propria e-reputation
Come ciascuno di noi si avvale dell’uso di Google per cercare informazioni su persone sconosciute ma sulle quali nutriamo un interesse allo stesso modo può procedere (anzi sicuramente) colui che potrebbe diventare il nostro datore di lavoro.
A fronte di tale considerazione, ma non solo, è importante controllare la propria reputazione online. Sul web esistono diversi servizi disponibili che ti permettono di rintracciare tutte le informazioni legate al proprio nome. Nel caso in cui si trovino contenuti che possono danneggiare la propria reputazione si può intervenire direttamente, cancellando il contenuto in questione o chiedendo all’autore di rimuoverlo (traccia subita negativa), oppure indirettamente mediante la costruzione di una strategia per occupare le prime pagine dei motori di ricerca e mettere così in secondo piano l’informazione sgradita. (Fonte: https://compassunibo.wordpress.com/2014/05/07/e-reputation-definizione-e-gestione-della-nostra-identita-online/)
Esclusione
Atto con cui si pone o si lascia qualcuno o qualcosa fuori da un contesto. L’esclusione sociale descrive una condizione di forte deprivazione, riconducibile alla mancanza di risorse economiche adeguate ma anche all'accesso limitato ad ambiti sociali fondamentali (educazione, lavoro, alloggio, assistenza sanitaria, partecipazione culturale, civica e politica).
Marginalità economica e isolamento sociale insieme possono determinare la perdita del senso di appartenenza ad una comunità, con il rischio di degenerare in livelli estremi di esclusione.
Famiglia
Con il termine “famiglia” si può genericamente definire lo spazio fisico, relazionale e simbolico condiviso caratterizzato al proprio interno da relazioni spontanee e naturali. Da un punto di vista sociologico, essa è considerata un gruppo primario in quanto è regolata da relazioni intime ed esclusive e dal prevalere delle funzioni di integrazione (espressive, affettive, ecc.) su quelle strumentali (perseguimento di un obiettivo specifico e razionalmente individuato). La famiglia, in quanto nucleo fondamentale della società, è soggetto e oggetto del mutamento sociale: muta e si adatta all’ambiente ed è in grado di rigenerarsi autonomamente. (Donati, Cesareo, Barbagli)
Identità digitale
L’identità digitale è costituita da tutte le tracce volontarie, involontarie e da quelle subite. Per tracce volontarie s’intende quelle create e quindi pubblicate volontariamente dall’utente, ne sono esempio il profilo personale sui social network, l’articolo o il commento postato su un blog, il CV online. Quelle involontarie sono tutte quelle tracce su cui non si ha il controllo come l’indirizzo IP e i cookies. Le tracce subite invece, sono tutte quelle notizie e/o informazioni che ci appartengono ma che sono create da altre persone e comprendono commenti, pubblicazioni che ci nominano, fotografie che mi mostrano. (Fonte: https://compassunibo.wordpress.com/2014/05/07/e-reputation-definizione-e-gestione-della-nostra-identita-online/)
Con l’avvento delle nuove tecnologie, al fianco dell’identità personale, si sono create identità digitali. Una definizione di identità digitale è stata data dal Decreto SPID, che lo definisce “rappresentazione informatica della corrispondenza biunivoca tra un utente ed i suoi attributi identificativi, verificata attraverso l'insieme dei dati raccolti e registrati in forma digitale”.
La “Dichiarazione dei diritti in internet" (https://www.camera.it/application/xmanager/projects/leg17/commissione_internet/TESTO_ITALIANO_DEFINITVO_2015.pdf) definisce il diritto all’identità. L’art.9 stabilisce che: “1. Ogni persona ha diritto alla rappresentazione integrale e aggiornata delle proprie identità in Rete. 2. La definizione dell’identità riguarda la libera costruzione della personalità e non può essere sottratta all’intervento e alla conoscenza dell’interessato. 3. L’uso di algoritmi e di tecniche probabilistiche deve essere portato a conoscenza delle persone interessate, che in ogni caso possono opporsi alla costruzione e alla diffusione di profili che le riguardano. 4. Ogni persona ha diritto di fornire solo i dati strettamente necessari per l’adempimento di obblighi previsti dalla legge, per la fornitura di beni e servizi, per l’accesso alle piattaforme che operano in Internet. 5. L’attribuzione e la gestione dell'Identità digitale da parte delle Istituzioni Pubbliche devono essere accompagnate da adeguate garanzie, in particolare in termini di sicurezza”.
Tale dichiarazione presenta una serie di aspetti interessanti: in primo luogo si afferma l’esistenza di molteplici identità digitali; in ultimo è interessante notare come, nei commi 3 e 4, si lascia all’utente la possibilità di assumere diverse identità digitali o di mantenere una qualche forma di anonimato nella rete. (Fonte: https://legaldesk.it/blog/identita-digitale)
Identità
Il sentimento di “identità” è il frutto di un reciproco coniugarsi di vicissitudini individuali e storie sociali ed è continuamente modellato dalla richiesta e dai valori dell’ambiente, delle relazioni e della cultura in cui siamo immersi. Abbiamo tutti un'identità multipla che può variare in base al contesto, alla rete di relazioni e percezioni in cui ci muoviamo, al ruolo e alla posizione che giochiamo o che ci viene fatta giocare dagli altri.
In sociologia è stato sottolineato come le caratteristiche della società contemporanea – accresciuta differenziazione, interdipendenza, ruolo dell’informazione e della comunicazione mediata, incremento delle capacità personali – rendono l’identità instabile, fluttuante, ibrida, multipla, frammentata. Il sociologo polacco Zygmunt Bauman – famoso per le sue tesi sulla modernità e le nuove forme di cittadinanza – ha introdotto il concetto di identità fluida per indicar la progressiva perdita e ridefinizione dei confini identitari (soprattutto culturali, religiosi, etnici) degli individui e delle collettività all’interno della società post-moderna. «Per le seconde generazioni la fase di passaggio all’ età adulta implica anche un processo di costruzione identitaria multiforme e complesso, che può arricchirli e rafforzarli ma talvolta anche creare crisi.
Le identità sono vestiti da indossare e mostrare, non da mettere da parte e tenere al sicuro...» (Bauman, Intervista sull’identità). https://www.academia.edu/7085370/_Z._Bauman_Intervista_sullidentit%C3%A0_Roma-Bari_2005_in_Giornale_di_storia_costituzionale_vol._12_2006_p._252_ISSN_1593-0793_
Ignoranza
L’ignoranza è il mancato possesso di nozioni o d'informazioni su una data materia o su dati avvenimenti. Il contrario dell'ignoranza è la conoscenza, o la sapienza, o la cultura. L'ignoranza è una delle principali cause di conflittualità sociale dal momento che il non aver accesso al sapere nelle sue varie forme, genera disuguaglianze per quanto riguarda l’accesso ai diritti.
Insicurezza
L'insicurezza è un aspetto della percezione legata alla libertà di muoversi liberamente in uno spazio fisico e sociale. Sentirsi al sicuro è uno dei bisogni primari degli esseri umani e perciò è un tema che riguarda tutti. L'insicurezza è una percezione presente anche negli immigrati e nei giovani delle nuove generazioni, che da un lato subiscono maggiori controlli e dall'altro vorrebbero più controlli mirati verso chi mette a rischio la sicurezza e non verso chi proviene da altre culture.
Integrazione
L’integrazione è un’interazione positiva (Commissione per le politiche di integrazione degli immigrati, 2000) che presuppone la parità di trattamento e l’apertura reciproca tra la società ricevente e i migranti. In questa definizione, è centrale la dimensione del processo che è strettamente connesso a diversi fattori quali il mercato del lavoro, il sistema di accoglienza, il welfare. Secondo gli studiosi Penninx e Martiniello (Fonte: Processi di integrazione e politiche (locali): stato dell’arte e lezioni di policy, in “Mondi Migranti”, I, 2007, fasc. 3, pp. 31-59), è un processo del divenire una parte accettata della società. (Fonte: https://it.pearson.com/aree-disciplinari/storia/temi-attualita/questione-integrazione-immigrati.html)
Islamofobia
L’Islamofobia è una nuova forma di razzismo, e non di semplice intolleranza religiosa, originata dall’angoscia provocata dal sentimento di alterità della cultura islamica e alimentata da paura e aggressività. Un fenomeno sostanzialmente irrazionale che rimanda a processi intrapsichici forti e potenti che contribuiscono a creare frontiere invalicabili tra un “noi” – rinforzato da una comune angoscia e una comune ostilità – e un “loro”, un gruppo indistinto e immaginato coeso di persone percepite come diverse da noi nella loro essenza. È un’ideologia che si concretizza come rapporto sociale che porta alla discriminazione, all’odio, al disprezzo e all’esclusione. La creazione di un capro espiatorio nasce, secondo la tesi della studiosa Monica Massari, dal bisogno di indirizzare verso un nemico le tensioni prodotte da processi sociali più grandi di noi - come i processi della globalizzazione. L’Islamofobia, come l’antisemitismo storico, trae spunto dall’idea che la religione dell’altro sia immutabile, monolitica e sottratta al cambiamento. (Fonte: Massari e Siebert, 2006)
Metafora
La metafora è una figura retorica che è stata legata fin dalle sue prime definizioni a un processo di intuizione simbolica che crea conoscenza. La semantica cognitiva, con George Lakoff e il gruppo di ricerca dell’università di Berkeley, ha evidenziato che la metafora è una forma del pensiero, uno dei modi di cui gli esseri umani si servono più frequentemente e in modo più efficace per pensare la realtà. Anche quando comunichiamo, facciamo ricorso spesso a metafore che, portandosi dietro significati impliciti,hanno un impatto molto forte nella costruzione del nostro immaginario, degli schemi concettuali con cui classifichiamo la realtà e costruiamo il nostro mondo semiotico, degli stereotipi.
E questo accade con la trasposizione simbolica da un certo dominio di conoscenza ad un altro, con l’espressione di un rapporto analogico fra due termini, concetti o immagini che appartengono a due ambiti di significato diversi che, accostati, permettono di esprimere nuovi sensi. Il dominio da cui prendiamo ispirazione, che conosciamo meglio, è il dominio sorgente, quello che vogliamo definire è il dominio target.
Per esempio dire “lo stato comunque ti dà una mano” implica la metafora concettuale LO STATO (dominio target) è UN PADRE/AMICO (dominio sorgente). L’analisi delle parole e delle immagini alla luce delle teorie delle metafore ci aiutano perciò a capire ed evidenziare quali forse implicite guidano i nostri pensieri e le nostre azioni, un fenomeno chiamato effetto framing, che è centrale sia per analizzare il modo in cui idee e stereotipi nascono e si diffondono e di definire gli immaginari e le percezioni sui fenomeni. Questo primo passo è fondamentale per ideare le strategie di cambiamento sugli immaginari, sia quando li usiamo per rafforzare concetti e comportamenti desiderabili, sia per contrastarli cambiando il dominio sorgente di ispirazione di una metafora.
Migrazioni
Le migrazioni sono processi dotati di una dinamica evolutiva che comporta una serie di adattamenti e di modificazioni nel tempo e sistemi di relazioni che interessano le aree di partenza, le aree di transito e le aree di destinazione. Sono “costruzioni sociali complesse” nelle quali agiscono tre principali attori:
1. Le società di origine, con le loro capacità di offrire benessere, libertà e diritti ai propri cittadini e con politiche più o meno favorevoli all’espatrio per ragioni di lavoro di parte della popolazione;
2. i migranti attuali e potenziali, con le loro aspirazioni, progetti e legami sociali;
3. le società riceventi, sotto il duplice profilo della domanda di lavoro di importazione e delle modalità di accoglienza, istituzionale e non, dei nuovi arrivati [Fonte: Ambrosini M. (2005), Sociologia delle migrazioni, Il Mulino, Bologna p. 18].
Ombra digitale (digital footprint o digital shadow)
L'ombra digitale (in inglese, digital footprint o digital shadow) è costituita da tutte le tracce "digitali" che lasciamo ogni volta che utilizziamo servizi online, ad esempio visitiamo un sito, visualizziamo foto o video, consultiamo o scriviamo su un social.
Tra le tracce digitali che lasciamo, è importante distinguere tra "impronte attive" e "passive". Nel primo caso, siamo noi a mettere volontariamente i nostri dati nelle mani dei service provider digitali o a condividere deliberatamente le nostre informazioni personali attraverso i social network. Neòl secondo caso, i nostri dati vengono raccolti senza che noi lo sappiamo e senza il nostro consenso (sempre meno frequente, ma ancora possibile).
Oppressione
Con questo termine si definisce ogni condizionamento o sopraffazione che limita la piena libertà di un individuo, di un gruppo, di un popolo. Nella metodologia del TdO è possibile individuare tre livelli di oppressione ai quali il teatro tenta di trovare soluzioni: un'oppressione che si manifesta nel corpo (blocchi muscolari, posture scorrette, contratture ecc..); un'oppressione di tipo socio-politico e infine un'oppressione di tipo psicologico-individuale, in cui la modalità oppressiva non proviene più dall'esterno ma è stata introiettata.
Preghiera
L’Islam è una religione che si basa su cinque pilastri (la professione di fede, la preghiera rituale, l’elemosina, il digiuno obbligatorio e il pellegrinaggio alla Mecca). Il secondo pilastro è dedicato alla preghiera. La preghiera è una delle pratiche rituali, ben definite e codificate, previste dall’Islam.Sono previsti cinque momenti di preghiera individuale al giorno, da effettuarsi in momenti stabiliti: la prima, si svolge circa un’ora e mezza prima dell’alba, la seconda ha luogo tra l’inizio e la metà del pomeriggio, la terza da metà pomeriggio fino al tramonto, la quarta dal tramonto, fino a un’ora e mezza dopo e la quinta durante la notte. Gli orari sono determinati dalla rotazione della terra attorno al suo asse. Infatti, per l’Islam la relazione con il tempo è molto importante: il sole è utilizzato per calcolare quando effettuare la preghiera quotidiana; la luna, invece, aiuta a determinare mesi e anni.Ogni venerdì si tiene una preghiera comune: ha inizio nel primo pomeriggio, ed è preceduta da una predica in arabo o nella lingua del posto.
Pregiudizio
Il termine designa, con una connotazione negativa, qualsiasi giudizio sfavorevole od ostile frutto di una valutazione superficiale, generalizzante e rigida che implica cioè non solo un scarsa conoscenza dell’oggetto della valutazione, ma anche il rifiuto a verificare che tale giudizio sia fondato, pertinente e coerente. Il pregiudizio crea quindi una tendenza ad allontanarsi dall’oggetto: il soggetto si rifiuta di approfondirne la conoscenza perché lo ha già classificato come negativo. Si può ricorrere alla formulazione di un pregiudizio non solo nella condizione di assenza di informazioni, ma anche in presenza di informazioni abbondanti ma ridondanti e imprecise. In quest’accezione, il pregiudizio è un procedimento di semplificazione della realtà. Il pregiudizio può anche essere riferito a specifici gruppi sociali. Esso interviene nella definizione del rapporto tra identità e diversità e, in quanto tale, assume significati diversi a seconda del modello societario di riferimento: può essere strumento di difesa della propria cultura di appartenenza oppure strumento di emarginazione oppure strumento di pre-comprensione o anticipazione della realtà. (Fonte: Mazzara, 1997 e 2001; Allport)
Radicalizzazione
La radicalizzazione è un processo graduale che accoglie, da un lato, coloro che sono disposti a utilizzare la violenza (o che sono disposti ad appoggiare coloro che utilizzano la violenza per loro conto) per ottenere cambiamenti nella società. Dall’altro lato, vi sono coloro che tentano di cambiare la società (o accettano che altri cambino la società), senza però ricorrere alla violenza, oppure senza desiderare di stravolgere le istituzioni democratiche nella loro totalità. La radicalizzazione coinvolge scelte e predisposizioni principalmente individuali: è causata da una molteplicità di fattori, e implica dei cambiamenti nelle abitudini e nei comportamenti. Vi è chi imputa la radicalizzazione a cause complesse, come l’alienazione sociopolitica; la difficoltà di gestire le innovazioni imposte dalla globalizzazione e le pratiche religiose negli spazi dislocati; le reazioni suscitate dalla politica estera. La radicalizzazione riguarda i dispositivi individuali (dimensione micro); il rapporto con i gruppi sociali immediati e/o significativi (dimensione meso) e il posizionamento nello spazio politico e internazionale (dimensione macro).
Ramadan
Tra i cinque pilastri dell’Islam, vi è quello che prescrive il digiuno nel mese di Ramadan, il nono mese del calendario lunare islamico. Il digiuno assolve tre funzioni: quella spirituale, quella fisiologica e quella sociale. Chi segue il digiuno non può mangiare, né bere, durante le ore del giorno, per ventinove o trenta giorni. Il digiuno nel mese di Ramadan è obbligatorio da quando si raggiunge la pubertà in poi. Bambini, anziani, donne incinte e malati sono dispensati dal Ramadan: possono digiunare in seguito, oppure compensare donando cibo ai più poveri. Tenendo sotto controllo i bisogni umani, l’individuo può avvicinarsi maggiormente al divino e alla dimensione spirituale. Il mese di Ramadan libera i seguaci dalle imposizioni del consumo e aiuta a stabilire una nuova routine quotidiana. Il digiuno si accompagna all’attenzione agli altri – ad esempio, nelle varie forme del dono – e a un comportamento sostenuto, atto ad evitare conflitti, in cui si affina il riguardo verso le relazioni interpersonali.
Religione
La religione lega l’individuo a quanto egli ritiene sacro, attraverso un insieme di credenze, riti e sentimenti. In un’epoca post-moderna e globalizzata, la religione non è solo questo, e non è neanche più, esclusivamente, un legame con un’istituzione, ma riguarda il display pubblico della cultura, la definizione autonoma della propria identità, il legame con i territori di origine e i meccanismi di integrazione con le società autoctone. Insomma, la religione investe il legame tra passato e presente, locale e globale, qui e altrove. L’Islam nasce alla Mecca, nella Penisola Arabica, all’inizio del settimo secolo. Non diversamente dalle altre religioni, questa si compone da un sistema di credenze che presenta dei principi ben definiti, ha una sua coerenza interna e manifesta una concezione specifica di umanità (Fonte: Ramadan, 2017).
Seconde generazioni
Definire le seconde generazioni è alquanto complesso poiché intendiamo con questa categoria concettuale situazioni diverse tra di loro come i figli di immigrati, nati nel paese ricevente, i figli di immigrati nati nel paese d'origine dei genitori e con questi ricongiunti, i minori stranieri non accompagnati, i minori arrivati per adozione internazionale, i figli di coppie miste. A livello internazionale, gli studiosi non sono giunti a una definizione univoca e per la complessità che tale categoria comporta, spesso parlano di “seconde generazioni” come di “un insieme di seconde generazioni”.
Intenderemo per seconde generazioni, i figli di almeno un genitore immigrato nati sia all’estero sia in Italia [Fonte: Ambrosini M. (2005), Sociologia delle migrazioni, Il Mulino, Bologna].
Stereotipo
Lo stereotipo può essere definito come l’insieme coerente e mediamente rigido di credenze (negative) condivise da un gruppo su una determinata categoria di oggetti. Esso è relativo alla cultura di un gruppo sociale, viene acquisito dai singoli che ne fanno parte e utilizzato come filtro per la comprensione della realtà. In quanto tale, lo stereotipo ha un grande peso all’interno delle relazioni tra gruppi in termini di giustificazioni ideologiche, aspettative, profezie che si auto avverano, ecc). Lo stereotipo costituisce il nucleo cognitivo del pregiudizio. (Fonte: Mazzara, 1997 e 2001)
Straniero
Indica una persona nata in Italia o all’estero, di cittadinanza straniera o apolide. Per la legge italiana si intende una persona che transiti o soggiorni in Italia, ma che abbia una cittadinanza diversa da quella nazionale (Fonte: Istat).
Terrorismo
Nonostante il terrorismo sia considerato una delle principali minacce per la pace e l’equilibrio globale, ancora oggi non esiste una definizione accettata universalmente.
Per le Nazioni Unite il concetto di ‘atto terroristico’ è stato definito come: “ogni atto inteso a causare la morte o il ferimento di civili o di altre persone non attive in un conflitto bellico, in cui lo scopo dell’atto, per natura e contesto, è quello di intimidire una popolazione o condizionare un governo o una organizzazione internazionale a fare o astenersi dal fare qualcosa”. UN 1999 ‘International convention for the suppression of the financing of terrorism’ https://treaties.un.org/doc/db/Terrorism/english-18-11.pdf
La radice della parola terrorismo è riconducibile al verbo latino terrere : ‘spaventare, intimorire’. Prioprio in linea con questa connotazione, per comprendere la differenza tra il terrorismo ed altre forme di violenza politica è cruciale associare alla violenza il ruolo della comunicazione o del valore simbolico degli atti violenti. Cosa accomuna episodi come il massacro degli atleti israeliani alle Olimpiadi di Monaco del 1972, i rapimenti delle Brigate Rosse, le bombe dell’ETA e quelle dell’IRA, gli attentati alle Twin Towers?
Schmid e De Graff (1982) vedono il terrorismo come un atto violento che mira ad attirare l’attenzione e, attraverso la pubblicità che genera, comunicare un messaggio.
A.P.SCHMID, J.DE GRAAF, Violence As Communication: InsurgentTerrorism and the Western News Media , Sage, Londra e Beverly Hills,1982.
Velo
Quello che, in maniera generica e approssimativa, chiamiamo “velo islamico” è diventato, negli ultimi anni, un oggetto di dibattito centrale nelle opinioni pubbliche europee. Per comodità, definiamo “velo” quell’ampio telo di stoffa che viene impiegato per coprire i capelli, indossato dalle donne islamiche. In realtà, esistono vari tipi di velo. L’hijab lascia scoperto l’intero viso, mentre copre il capo e parte del petto. Il burka è un’ampia veste che copre l’intero corpo delle donne, da capo a piedi. All’altezza degli occhi, si trova una retina, che consente di vedere. Il niqab è composto da un velo che lascia scoperti gli occhi, ma nasconde il resto del volto e il capo, che si “abbina” a un lungo abito nero. Il chador lascia scoperto il volto, e copre sia il capo, sia l’intero corpo. Il khimar copre l’intero capo, lasciando scoperto il volto, e arriva fino al petto o alle ginocchia. L’hijab è il tipo di velo maggiormente diffuso tra le donne islamiche. Le altre varianti del velo hanno una diffusione prevalentemente “geografica”, sono cioè distribuite con più frequenza in alcuni paesi piuttosto che in altri, dimostrando come questo sia una questione culturale, più che esclusivamente religiosa. Infatti, le interpretazioni del Corano non indicano l’obbligatorietà di indossare il velo. Tuttavia, questo è un precetto della religione islamica: ciò significa che non è indispensabile indossare il velo, ma questo rappresenta un atto di fede che deriva dalla libera scelta di ciascuna donna. Spesso il velo si accompagna a un abbigliamento definito modesto: gli abiti non devono essere trasparenti, eccessivamente attillati o molto scollati. Quello che si indossa deve essere, in altri termini, discreto, senza tuttavia rinunciare al proprio gusto personale.